
roma visionaria,
pier luigi nervi
Il 24 settembre 2019 all’Ordine degli Architetti di Roma è stata presentata la Rivista AR MAGAZINE 121 – Roma sognata. Gli archivi di architettura dal Nolli alle nuove politiche radicali. Archa ha collaborato e partecipato al progetto di Roma Visionaria con un articolo che offre una lettura nuova di Pierluigi Nervi attraverso gli archivi del MAXXI. Ha realizzato, poi, per questa pubblicazione delle immagini inedite di una Roma immaginata e di un’architettura di Nervi oltre il limite delle sue visionarie forme. Il Palazzetto dello Sport viene reinterpretato attraverso una percezione del tutto nuova resa possibile grazie alla realtà virtuale.
AR Magazine
CLIENTE
Ordine degli Architetti di Roma, AR Magazine
CATEGORIA
Ricostruzione virtuale
ANNO
2019
LUOGO
Roma, Italia

AR MAGAZINE
Nulla è più evocativo di una città immaginata dal fragoroso avvenirismo di Pier Luigi Nervi. Pioniere di un impulso mai realizzato prima, il suo avanguardismo ha rivoluzionato l’arte del costruire di una Roma che non sembrava nemmeno ipotizzabile, ma che è stata resa possibile dall’evoluzione di nuove teorie e modelli di calcoli.
Tra fine Ottocento e primo Novecento la tradizione lascia il posto a uno straordinario rivolgimento ingegneristico che diventa cambiamento culturale grazie alla Scuola di Chicago. Dopo l’incendio della città nel 1871 nella ricostruzione del tessuto urbano viene introdotto l’uso di una nuova tecnologia: le strutture miste in acciaio e laterizio, vicino antesignano del calcestruzzo armato.
Nel 1913 un giovanissimo Nervi si laurea in Ingegneria civile a Bologna e avvia la propria carriera indagando il calcestruzzo armato. Si muove tra i progetti di François Hennebique e Robert Maillart, nelle cui opere avanzano di pari passo innovazione tecnologica e ricerca formale. La produzione del cemento in quegli anni è, infatti, appannaggio di poche imprese specializzate come Moner, Matrai e ovviamente Hennebique e Maillart, i cui brevetti dominano il mercato edilizio. Allineandosi alla scuola di pensiero che si andava affermando internazionalmente – Ove Arup & Associates in Inghilterra, Sarineen e SOM negli Stati Uniti, Oscar Niemeyer in Brasile, in Italia lo Studio Nervi (Nervi e Nebbiosi prima, Nervi e Bartoli poi) si fa protagonista dell’architettura strutturale. Rompendo con il passato, concepisce il futuro come in bilico tra tecnica e creazione, tra architettura e ingegneria.
L’individuo rappresenta la summa dei singoli saperi: dopotutto sono peculiarità di quegli anni i grandi office che vedono collaborare più figure professionali. Nel ruolo di progettisti, ingegneri e architetti che integrano tecnica e arte. È un cambiamento non solo formale, ma profondamente sostanziale. Si tratta di una nuova cultura progettuale non più pienamente modernista, ma anzi formalmente lontanissima dai paradigmi di un razionalismo strutturale fino ad allora mai contestato.
Ispirata dall’opera di Eduardo Torroja e dal minimo strutturale di Sergio Musmeci, la poetica di Nervi è inconcepibile se si prescinde dalla cultura del contenimento (di struttura, di costi, di tempi di realizzazione e d’impiego di materiale). “La più geniale fantasia progettistica è impotente se non si accorda con le esigenze della tecnica, della statica, dell’economia, della funzionalità o se viene menomata dalla insufficienza esecutiva, o annullata dalla incomprensione del committente.” Un pensiero incarnato dalla straordinaria serie di capannoni industriali e aviorimesse di Orbetello, Viterbo e Torre del Lago Puccini.
Il “Sistema Nervi” diviene un apparato costruttivo a base di prefabbricazione e ferrocemento. Brevettato dopo la Seconda guerra mondiale, vede nel Complesso di Torino Esposizioni uno dei primi ambiti di sviluppo e applicazione su grande scala. Progettare partendo da edifici “secondari”, realizzarli attraverso una massimizzazione dei costi possibile solo grazie a un uso dei materiali sapiente e un metodo costruttivo avveniristico: una creatività, la sua, al servizio della tecnica.
L’uso impeccabile dell’arco ribassato solleva inevitabili dubbi: come realizzare e scaricare la volta, riuscire a raddrizzare la spinta prima che arrivi a fondazione e assicurare il controllo della spinta orizzontale, limitandone i costi? La soluzione sta nel contenimento delle altezze in chiave, che consente per altro un gran risparmio di materiale.
“L’esperienza più alta dell’architettura gotica sono le grandi cattedrali […] quell’inseparabile mistura di fredda tecnologia e fervida passione.” Questo l’accesso alla comprensione dell’architettura di Nervi, un ingegnere poeta che ama il gotico e la natura; la sua triplice condizione di progettista, tecnico e costruttore. Non solo architetto e ingegnere, ma anche progettista e impresario edile: figura che oggi risulterebbe impensabile.
Con Roma Nervi compie la sua visionaria poetica in occasione delle Olimpiadi del 1960, per cui costruisce il Palazzo dello Sport, il Palazzetto dello Sport e lo Stadio Flaminio (progettato con il figlio Antonio, architetto). Il calcestruzzo viene impiegato in forme originali, getti in opera per grandi telai strutturali, elementi prefabbricati per le gradinate in lastre ondulate di ferrocemento realizzato a piè d’opera.
Nel mutato rapporto tra arte e tecnica si ridefinisce la relazione formale tra progettazione e ingegneria, qualcosa che diventa strutturalmente altro. È un salto necessario verso il contemporaneo: nelle diversità tra tecnologie, tra trasferimento tecnologico e progettazione, nei rapporti tra prodotto industriale e architettura. Nervi consegue un’interconnessione di cui resta la straordinaria attualità di congiunzione tra arte, architettura e tecnologia. Ha un’attenzione all’immagine, al modo in cui un oggetto viene restituito, espresso, comunicato. Frequentemente utilizza fotoschede in bianco e nero che vengono successivamente incollate su cartoncini precompilati e siglati. Di queste, il Museo nazionale delle arti del XXI secolo ne possiede 4315. Nel tempo la collezione del Centro Archivi MAXXI Architettura è divenuta il depositario di un numero considerevole di progetti e di gran parte del materiale che sono appartenuti al maestro nato a Sondrio nel 1891. Attualmente la sezione Architettura del museo romano è in grado di ricomporre in modo più che esaustivo l’intero archivio di Nervi.
Già naturalmente resistenti, Nervi ha saputo portare al limite le sue visionarie forme attraverso un lavoro di ricerca continua che procede mescolando conoscenza scientifica, nuove formule e calcoli strutturali. Il suo vocabolario immaginifico rimane imprigionato in queste stesse leggi che la tecnica non può valicare, eppure la realtà virtuale non è chiamata a confrontarsi sul terreno del possibile: anzi permette di sperimentare ciò che non lo è, di superare quelle leggi che la statica impone. Si compie così il vero avanguardismo di Nervi. Architettura nuda, vulnerabile al possibile, ancora in costruzione. Un’architettura che raggiunge un grado di interazione tra discipline straordinariamente amplificato: tecnologicamente efficiente e razionalmente emozionale. È una realtà “alternativa” che reinterpreta nel Palazzetto dello Sport una “visione” del tutto nuova. Sono immagini che racchiudono la potenza del genio, custodi della sua personale “sensibilità statica”. Nervi veste nell’immaginario l’audacia dell’ingegnere, la fantasia dell’architetto e la concretezza dell’imprenditore.